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Certificato COVID: un tema sul quale si interrogano i datori di lavoro

Foto: Keystone / Jean-Christophe Bott
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Numerosi datori di lavoro si stanno chiedendo in quali settori della loro azienda andrebbe introdotto il certificato COVID, una situazione peraltro confermata anche dalle cifre fornite dall’assicurazione di protezione giuridica AXA-ARAG. Circa la metà di tutte le richieste nell’ambito del diritto del lavoro ruota attorno a questo tema.

Dall’avvento della crisi pandemica i datori di lavoro si interrogano sull’obbligo di indossare la mascherina, di vaccinarsi e di sottoporsi al test o anche sulle misure ammesse sul posto di lavoro. Dall’introduzione dell’obbligo di certificazione si è aggiunto un nuovo aspetto con il quale i datori di lavoro sono chiamati a confrontarsi.

L’obbligo del certificato nei luoghi di lavoro e nei centri di formazione deve essere giustificato.

Numerose aziende si stanno oggi interrogando in ordine a come e in quali settori devono applicare l’obbligo del certificato. Mentre molte strutture pubbliche come ristoranti, strutture per il tempo libero o centri fitness sono soggette a certificazione obbligatoria, la Confederazione non la prevede per i luoghi di lavoro e i centri di formazione (comprese le mense). Il Consiglio federale consente tuttavia alle aziende di verificare che i propri dipendenti dispongano di questo attestato «se necessario per l’attuazione di misure di protezione adeguate o di strategie di test». «In linea generale, le aziende possono integrare il certificato nel piano di protezione se lo ritengono giustificato», dichiara Carole Kaufmann Ryan, avvocata di AXA-ARAG.  L’obbligo del certificato è ad esempio giustificato se un ristoratore decide che solo gli impiegati di servizio senza certificato devono indossare la mascherina o se un’azienda dispone di possibilità di lavoro in modalità home office solo per le persone non vaccinate. Qualora il datore di lavoro decidesse di rendere obbligatorio il certificato per mantenere l'attività, dovrebbe anche sostenere i costi dei test se questi non fossero più gratuiti.  Viceversa, un obbligo non sarebbe giustificato nel caso di lavori di giardinaggio, dove la maggior parte dell’attività è svolta all'aperto. Ad ogni modo il datore di lavoro sta camminando su una linea sottile posta tra la protezione di tutti i collaboratori e la preclusione di una società divisa in due classi.

Obbligo di vaccinazione sul lavoro

Come rivelano le richieste che giungono ad AXA-ARAG, numerose aziende si preoccupano di sapere se possono esigere dal proprio personale di farsi vaccinare. In linea generale è possibile farlo attraverso un accordo contrattuale. Tuttavia, l’obbligo di vaccinazione deve essere funzionalmente legato all'attività professionale. Ne sono un esempio le professioni che implicano un contatto quotidiano con persone particolarmente vulnerabili. Nelle attività in cui questo rapporto non esiste, un ordine di vaccinazione non sarebbe ammissibile. Se il datore di lavoro valuta l’opzione di una disposizione contrattuale, occorre prestare attenzione ai punti seguenti: «Trattandosi di un'intrusione nella personalità del dipendente, l'obbligo di vaccinazione dovrebbe essere definito in contratti individuali. Una norma generale nel regolamento del personale o nelle condizioni generali non è sufficiente», aggiunge Kaufmann Ryan di AXA-ARAG. Se un datore di lavoro volesse apportare a posteriori un adeguamento al contratto, dovrebbe dare disdetta per modifica delle condizioni contrattuali. «In questo caso occorre considerare che, in presenza di un numero più nutrito di disdette per modifica delle condizioni contrattuali, potrebbero trovare applicazione le regole del licenziamento di massa», precisa Kaufmann Ryan.

«Trattandosi di un'intrusione nella personalità del dipendente, l'obbligo di vaccinazione dovrebbe essere definito in contratti individuali. Una norma generale nel regolamento del personale o nelle condizioni generali non è sufficiente.»

Kaufmann Ryan di AXA-ARAG

Incentivi alla vaccinazione

AXA-ARAG sta attualmente ricevendo domande intese a sapere se, come datore di lavoro, è consentito offrire incentivi per la vaccinazione. Gli incentivi potrebbero includere indennità monetarie o giorni di ferie aggiuntivi per i vaccinati fino all’obbligo del lavoro in remoto da casa o restrizioni sul lavoro per i non vaccinati. «In linea generale, in Svizzera è possibile e lecito incentivare i collaboratori in questo senso. Tuttavia, occorre avere un occhio particolarmente attento a coloro che non possono o non vogliono vaccinarsi per motivi specifici e che si ritroverebbero dunque svantaggiati», conclude Carole Kaufmann Ryan di AXA-ARAG. Soprattutto in caso di compensazioni monetarie, il datore di lavoro dovrebbe chiarire in anticipo quali ricadute in termini di diritto del lavoro e fiscale avrebbe un'indennità di questo tipo per i collaboratori. 

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