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Studio di AXA sulle PMI: possibilità di lavoro a tempo parziale ancora limitate nelle professioni tipicamente maschili

27.06.2023

Le PMI sono a favore del lavoro a tempo parziale, ma presso molte aziende il grado di occupazione minimo è dell’80 per cento. Questo livello rende difficile soprattutto per le donne il reinserimento nella vita professionale. Anche la settimana lavorativa di quattro giorni incontra uno scetticismo sempre maggiore – tra l’altro perché le PMI hanno aspettative completamente diverse circa le relative modalità attuative.

A seguito del cambiamento demografico il mercato del lavoro si trova attualmente in una fase di profonda trasformazione: per la prima volta, il numero di lavoratrici e lavoratori che vanno in pensione è superiore rispetto a quello di coloro che iniziano la propria carriera professionale – i datori di lavoro sono pertanto chiamati a confrontarsi con un mercato sempre più contratto. Ma il processo di trasformazione del mercato del lavoro non riguarda soltanto il numero delle lavoratrici e dei lavoratori, bensì anche le loro aspettative e richieste. Proprio perché a causa della carenza di forza lavoro i rapporti di forza si spostano a favore dei dipendenti, le loro esigenze assumono una rilevanza più accentuata.

A tale riguardo, una tendenza importante e molto dibattuta è il lavoro a tempo parziale. In linea di principio, le PMI svizzere hanno un atteggiamento positivo nei confronti del lavoro a tempo parziale, come evidenziato dai risultati dell’attuale Studio sul mercato del lavoro delle PMI, condotto quest’anno da AXA per la seconda volta in collaborazione con l’istituto di ricerca Sotomo. Solo circa un’azienda su dieci non vede alcuna utilità in un grado lavorativo dell’80 per cento rispetto a un impiego a tempo pieno. In tempi di carenza di forza lavoro, da un punto di vista economico si pone tuttavia sempre più spesso la questione se l’economia svizzera possa permettersi una diffusione su larga scala del modello di lavoro a tempo parziale. Resta comunque un dato di fatto che, sull’arco di tutti i gruppi di età, il grado di occupazione ideale delle lavoratrici e dei lavoratori svizzeri si colloca decisamente nella sfera del lavoro a tempo parziale.

PMI più piccole con un limite inferiore elevato per il grado di occupazione minimo

Il problema: c’è lavoro a tempo parziale e lavoro a tempo parziale. «Nel dibattito sul tema, si parla spesso in maniera indistinta di lavoro a tempo parziale come concetto generale. Concretamente, tuttavia, sussiste una notevole differenza se parlando di lavoro a tempo parziale si intende un grado di occupazione del 40 per cento oppure dell’80 per cento», spiega Michael Hermann, direttore di Sotomo. Per lo Studio sul mercato del lavoro delle PMI condotto da AXA Svizzera, alle imprese è stato quindi chiesto a quanto deve ammontare il grado di occupazione affinché le collaboratrici e i collaboratori possano adempiere integralmente i propri compiti e obblighi. I risultati dello studio indicano che per le piccole PMI con un organico compreso tra 5 e 9 unità la soglia inferiore si attesta a un grado di occupazione medio dell’80 per cento; si tratta quindi di un livello nettamente superiore rispetto alle PMI di medie e grandi dimensioni, per le quali risulta sufficiente anche un grado lavorativo medio del 60 per cento.

Il livello più basso per il grado di occupazione minimo, pari al 50 per cento, si riscontra in settori con un’elevata quota occupazionale femminile come il commercio al dettaglio, l’istruzione e il settore sanitario e sociale. «Il perdurare della ripartizione tradizionale dei ruoli per le faccende domestiche e l’accudimento dei figli fa sì che il lavoro a tempo parziale sia diffuso e istituzionalizzato nelle professioni tipicamente femminili, mentre le possibilità di lavoro a tempo parziale nei lavori tipicamente maschili restano limitate. È quindi lecito chiedersi in quale misura la possibilità di svolgere un lavoro a tempo parziale abbia effettivamente a che fare con l’attività in sé e quanto invece dipenda dal perpetuarsi dei ruoli tradizionali», spiega Hermann. 

«A quanto deve ammontare il grado lavorativo minimo dei dipendenti regolari della sua azienda affinché essi possano adempiere integralmente i propri compiti e obblighi?» (N=301), grado lavorativo in percentuale, rappresentato dalla mediana.

Influenza delle aspettative sociali da non sottovalutare

Il 43 per cento delle PMI interpellate ha motivato il grado occupazionale minimo predominante presso di esse con il maggior onere di coordinamento e di pianificazione che risulterebbe necessario con gradi più bassi. Come secondo motivo, le aziende intervistate hanno indicato l’aspettativa della clientela in termini di orario di presenza del personale (41%). Soltanto oltre un terzo (35%) motiva il grado di occupazione minimo con il fatto che il lavoro in questione richiede un determinato orario di presenza. Mentre per i gradi occupazionali più bassi l’elevato onere di coordinamento e di pianificazione appare evidente, i tempi di presenza richiesti dalla clientela sono fortemente correlati con le aspettative sociali. Per le aziende e i settori con un elevato grado occupazionale minimo si pone quindi la domanda se tale livello sia determinato dalle caratteristiche intrinseche del lavoro oppure dalle aspettative sociali circa le modalità di svolgimento di una determinata professione.

Percorso in salita per la settimana lavorativa di quattro giorni

Il lavoro all’80 per cento è quindi oggi una prassi ampiamente accettata. Rispetto al sondaggio dell’anno precedente è tuttavia aumentato lo scetticismo nei confronti di una settimana lavorativa di quattro giorni disciplinata per legge:  mentre nel 2022 l’introduzione di una settimana di quattro giorni generalizzata veniva giudicata positivamente ancora dal 39 per cento degli intervistati, nel 2023 questa quota è scesa al di sotto di un terzo (31%). «Il calo dei consensi potrebbe essere correlato al fatto che nell’ultimo anno la settimana lavorativa di quattro giorni è assurta a vero e proprio tema mediatico. E il dibattito ha evidentemente alimentato il clima di scetticismo tra le PMI», spiega Michael Hermann nella sua disamina.

I risultati dello studio indicano inoltre che fra le PMI svizzere sono diffuse aspettative molto diverse e differenziate circa le implicazioni comportate dall’introduzione della settimana di quattro giorni. Soltanto una minoranza delle persone intervistate, segnatamente il 39 per cento, intende con questo concetto la riduzione dell’orario di lavoro a fronte di un salario invariato (modello della compensazione salariale). Il 32 per cento degli intervistati parte dall’assunto che nella settimana di quattro giorni venga svolto lo stesso numero di ore lavorative in un periodo di quattro giornate invece che in cinque (modello della ridistribuzione dell’orario lavorativo). Un ulteriore 30 per cento intende con questo concetto una riduzione del numero di ore settimanali, tuttavia a fronte di un contestuale taglio del salario (modello della compensazione dell’orario di lavoro).

«Cosa intende esattamente quando si parla di una settimana lavorativa ridotta a quattro giorni?», (N=301), indicazioni in percentuale.

Nella componente di intervistati con un atteggiamento positivo nei confronti della settimana lavorativa di quattro giorni, l’idea di tale concetto si sovrappone con il modello della compensazione salariale con frequenza maggiore di quanto accade tra gli scettici. Il 55 per cento di coloro che si pronunciano a favore di una settimana di quattro giorni intende una riduzione dell’orario di lavoro a fronte di un salario invariato. Nel complesso, tuttavia, soltanto il 17 per cento si pronuncia concretamente a favore di questa soluzione. «Un grado di occupazione all’80 per cento è oggi ampiamente accettato. Per il momento sono invece soltanto pochissime le PMI pronte a dirsi favorevoli nei confronti di una settimana lavorativa di quattro giorni disciplinata ai sensi di legge, men che meno del modello della compensazione salariale», spiega Michael Hermann.  

Soltanto una minoranza attua misure concrete per l’empowerment femminile

Una strategia molto discussa per la gestione della problematica della carenza di forza lavoro è quella dell’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro. In prevalenza sono infatti ancora le donne a farsi carico di una parte preponderante delle faccende domestiche e dell’accudimento dei figli, con una conseguente riduzione del loro grado lavorativo. Per l’economia svizzera sarebbe però opportuno che le donne lavorassero con gradi di occupazione più elevati.  

«Quali misure adotta la sua azienda per conseguire la parità di genere?», solo PMI con disparità di genere, (N = 201), dati in percentuale.

I risultati dello studio indicano che, per quanto il 70 per cento delle aziende interpellate con situazioni di disparità di genere cerchino di contrastare questa tendenza, sono soltanto poche le PMI ad adottare misure specifiche:  i provvedimenti più diffusi sono infatti gli orari di lavoro flessibili (36%) e la possibilità di lavoro a tempo parziale e di job sharing (29%). Queste due misure, fondamentali per una migliore conciliabilità tra impegni familiari e professionali, vengono quindi adottate soltanto da circa un terzo delle PMI, anche laddove le aziende siano consapevoli delle proprie carenze a livello di parità di genere. Ancora meno frequenti sono misure quali la considerazione del genere in sede di selezione del personale (18%) o l’adozione di programmi di incentivazione mirati (10%).

Sebbene questi modelli facilitino la possibilità di conciliare impegni familiari e professionali e accrescano così il tasso di occupazione della forza lavoro femminile, attraverso l’enfasi posta sui gradi di occupazione a tempo fortemente ridotto essi si traducono contestualmente in una partecipazione nel complesso più bassa delle donne al mercato del lavoro. «Proprio le ultime due misure indicate potrebbero apportare un importante contributo al fatto che le donne vengano non solo assunte in numero maggiore, ma facciano anche carriera più spesso e possano lavorare con gradi di occupazione più elevati» afferma Michael Hermann.

Lo studio

Per la conduzione del presente studio, l’istituto di ricerca Sotomo ha interpellato 301 PMI svizzere con un numero pari o superiore a 5 dipendenti della Svizzera tedesca e francese. I dati sono stati raccolti tra il 21 febbraio e il 1° marzo 2023 tramite il panel aziendale di AmPuls.

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